In occasione dell’arrivo in Italia del nostro amico Carlo, ora residente a Londra, decidiamo di tornare ad Expo, questa volta usufruendo del biglietto per l’intera giornata e trascorrendo nel sito espositivo più di 10 ore! E’ un sabato e l’affluenza di visitatori è assai diversa da quella serale; vi sono inevitabili code più o meno lunghe per tutti i padiglioni. Ecco in sintesi le nostre impressioni sugli spazi visitati quest’oggi.

Moldova. E’ in pratica una ‘scatola vuota’ dall’architettura avveniristica con all’interno un bar.

Bielorussia. La tecno-ruota a schermi led che riprende l’immagine di un vecchio mulino è già un’icona di Expo: bella idea! Nello spazio espositivo interno un brevissimo percorso alla ‘Star Trek’ accompagna il visitatore con monitor interattivi e display LCD.

Cina. Lo spazio esterno già di per sé vale più di una semplice foto: una distesa di coloratissimi e profumati tageti fa da sfondo alle forme sinuose di bambù del padiglione. All’interno, grandi spazi con ombrellini tradizionali che pendono dal soffitto e poi la principale attrazione: una distesa di alti led colorati (il ‘Campo di grano della speranza’) di grande effetto scenico e cromatico!

Olanda. E’ il non-padiglione per eccellenza: non esiste uno spazio espositivo ma solo un’area all’aperto con vari stand di cibo da strada, a ricostruire l’atmosfera dei festival olandesi, che si anima particolarmente alla sera.

Francia. Vi si accede attraverso un piacevole percorso in una sorta di orto-giardino, tra piante di rosmarino, spighe di grano e cespugli di lavanda (ciò ha il vantaggio di far percepire meno la ‘coda’ al visitatore). All’interno una grande area che si ispira a un mercato coperto: l’invitante profumo di baguette, poi in vendita all’uscita, ci accompagna mentre con il naso all’insù, osserviamo l’allestimento ‘al contrario’ del soffitto da dove pendono suppellettili da cucina, porta spezie e quant’altro.

Egitto (all’interno del cluster Bio-Mediterraneo). Anche qui la tecnologia fa bella mostra di sé: posizionandosi davanti ai numerosi schermi led e alzando le braccia (modello Kinect di XBOX) si può vedere la propria persona vestita con abiti tradizionali dell’antico Egitto. Davvero divertente!

Sicilia (all’interno del cluster Bio-Mediterraneo). Al momento non è altro che uno stand di promozione dei prodotti culinari siciliani con possibilità di acquisto. Notevoli, però, i vicini chioschi che offrono dolce e salato ai prezzi forse più convenienti di tutta Expo.

Libano (all’interno del cluster Bio-Mediterraneo). E’ fondamentalmente un take away/ristorante dove, tra l’altro, abbiamo pranzato a dire il vero piuttosto bene, con prelibatezze mediorientali tra cui falafel, hummus, tabulè e salse piccanti.

Grecia (all’interno del cluster Bio-Mediterraneo). E’ una semplice esposizione delle piante di spezie locali. Dato il nostro amore incondizionato per questa terra siamo rimasti delusi… ci aspettavamo qualcosa di più!

New Holland. Il gigantesco trattore parcheggiato sulla pendenza di una collinetta d’erba ci induce ad entrare in questo padiglione commerciale e ben facciamo: mostri agricoli (mai viste trebbiatrici di tali dimensioni!) possono essere osservati da vicino e addirittura guidati in una simulazione virtuale. Carino!

Lombardia. Un sano sentimento di campanilismo ci porta ad entrare nel padiglione lombardo, in posizione strategica all’incrocio tra il Decumano e il Cardo. Nulla di particolarmente esaltante; si entra in una sala fresca e ‘deserta’ in cui vengono mostrate immagini della nostra bella regione a tutta parete. All’ingresso un ologramma di Virgilio ci parla quasi fosse in carne ed ossa.

Austria. Tra i padiglioni più originali insieme a quello del Regno Unito; ricostruisce un bosco austriaco, con tanto di nebulizzatori di vapore che fanno sì vi sia sempre una temperatura di 5°C inferiore rispetto a quella del Decumano. Un vero momento di relax nella frescura!

Kuwait. Una tempesta nel deserto viene ricreata con effetti davvero suggestivi; un padiglione di rara eleganza, con orti  alle pareti e tessuti tradizionali sul soffitto, profumi da odorare e un bar raffinato e di alta classe. Bello!

Iran. Lo spazio è architettonicamente molto interessante, dalle forme sinuose a riprodurre una tenda gonfiata dal vento. Dopo alcuni padiglioni un po’ claustrofobici rende la visita una piacevole e ariosa passeggiata. Protagonista indiscusso è il rosmarino!

Venezuela (all’interno del cluster Cereali e Tuberi). Ologrammi di due ballerini tradizionali e nulla più.

Bolivia (all’interno del cluster Cereali e Tuberi). Qui non si perde di vista il tema dell’Esposizione: tuberi colorati e a noi pressoché sconosciuti fanno bella mostra di sé.

Marocco. Uno dei padiglioni che con la sua semplicità ci è piaciuto maggiormente: è un’oasi di pace dall’atmosfera mediorientale con toni e luci soffuse. Un percorso sensoriale tra colori e profumi mediterranei che termina in un piacevole giardino esterno con ulivi, aranci ed erbe aromatiche.

Estonia. Qui tutto è legno: il nostro amico Carlo si è divertito a dondolarsi sulle altalene che segnalano l’energia prodotta dal movimento. E poi?

Oman. Una sorta di oasi nel deserto in cui viene ricostruita una cucina omanita con prodotti tipici e vestiti tradizionali.

Slow Food. La struttura, completamente in legno, riprende quella delle tradizionali cascine lombarde. In mezzo un bell’orto che, in grande, sembra quello della ‘Laurina’!

Future Food District. Avevamo molte aspettative e, come spesso accade in questi casi, ne siamo rimasti delusi. Uno spazio, sebbene molto moderno e tecnologico, è occupato da un supermercato Coop che, come unica particolarità, ha megaschermi sopra i prodotti ad indicarne le caratteristiche organolettiche, provenienza etc.. E’ comunque una buona scelta per chi desideri approvvigionarsi di cibo senza spendere le cifre gonfiate di altre parti di Expo.

Israele. Premio simpatia e interattività per Israele: un simpatico ragazzo intrattiene il pubblico in attesa di entrare nel vero e proprio spazio espositivo, con schermi comunicanti a grandezza naturale che fanno molto effetto Mago Silvan! E poi molti contenuti interessanti sulla capacità agricola e di innovazione di questo paese dalle scarse risorse naturali: non sapevamo che il pomodorino ciliegino (da noi chiamato Pachino) fosse stato creato dalla multinazionale sementiera israeliana HaZera Genetics. Davvero interessante! L’esterno poi, con l’originale orto verticale sulle pareti del padiglione, è da raffica di foto!

Palazzo Italia. La vera delusione della giornata: dopo più di un’ora e mezza di coda riusciamo ad entrare nella mastodontica costruzione che già di per sé, a nostro parere, sarebbe più a suo agio in una qualsiasi squallida periferia cittadina piuttosto che in un’esposizione in cui molti importanti architetti hanno dato prova delle loro capacità (il palazzo rosso di Vanke, colosso cinese di costruzioni, è strabiliante per quanto è bello!). L’esterno ci ricorda spiacevolmente la fermata della metro di Assago, vero e proprio eco-mostro che abbiamo visto crescere passando in autostrada. All’interno, invece, tutto sembra riflettere la situazione attuale del nostro paese: un’opera mastodontica, elefantiaca che ha in sé davvero poco da mostrare, considerando anche che siamo la nazione ospitante: ampie scale spoglie (che potevano semplicemente essere ingentilite da pannelli di immagini e quant’altro) ci conducono ai davvero limitati contenuti. Siamo leader riconosciuti al mondo in campo culinario ma solo un orto all’ultimo piano rimanda al tema dell’esposizione; unica attrazione tre stanze dalle pareti e dai pavimenti specchiati che producono un interessante gioco di prospettive e riflessi dei schermi ad altezza naturale che mostrano a ripetizione le bellezze architettoniche e naturali del Bel Paese. Ci chiediamo, un po’ straniti, cosa ci sia in tutto lo spazio non sfruttato del palazzo. Mah, stranezze italiche!

Malesia. Dopo l’esagerazione di Palazzo Italia, torniamo alla normalità di un padiglione che fa rivivere suoni e immagini della foresta pluviale. Dalla confusione del Decumano, un bel momento di relax!

Enel. Avendo visitato quest’area quando ormai è calato il buio, ne apprezziamo l’idea. Interessanti pannelli spiegano approfonditamente il funzionamento di una rete intelligente ma è soprattutto l’impatto visivo ad affascinarci: al piano terreno, simile all’installazione del padiglione cinese ma molto in piccolo, vi è una selva di led ad altezza umana che acquistano continuamente bellissimi colori. Passeggiarci all’interno ci fa rivivere la sensazione di una foresta incantata.

Nepal. Il percorso dello stand ricorda un sentiero di trekking, tra colonne di legno intagliate dagli artigiani nepalesi fino a giungere alla pagoda, non ancora completata a causa del terremoto verificatosi l’aprile scorso in terra nepalese. Emozionante!

Irlanda. Ci aspettavamo francamente di più, dalla nostra amata isola smeralda; grandi megaschermi mostrano i suoi magnifici paesaggi. Dalla campagna irlandese alla selvaggia costa Atlantica in compagnia delle onnipresenti pecore che sappiamo bene caratterizzare il panorama irlandese.

Belgio. In una costruzione ecosostenibile, luminosa e tecnologica, il cioccolato la fa da padrone!

Corea. Uno dei padiglioni, che per ora, entra nella nostra top ten! Spettacolari installazioni come le scritte sui muri tridimensionali che perdono alcune lettere e poi due schermi mobili mossi da bracci robotici che raccontano il processo di fermentazione. Alla fine bellissimi e suggestivi spettacoli di luce proiettata su una distesa di vasi.

Alla fine, decidiamo di cenare da Eataly, vero e propria zona a sé di Expo, con portici e giardini dominata dalla kitschissima macchina di Santa Rosa, simbolo della città di Viterbo (sembra di stare in una Little Italy americana… terribile!). Eataly, come accade anche nel megastore dell’ex teatro Smeraldo a Milano, è una vetrina di tutte le eccellenze regionali d’Italia: si va dall’originale piadina romagnola al fritto misto veneto, da risi e bisi alla focaccia genovese etc.. Ce n’è per tutti i gusti: molta qualità ma prezzi, a dire il vero, piuttosto esosi!